
Diceva Pier Paolo Pasolini che il substrato di Sacile è friulano ma che la sua borghesia , che si è imposta anche linguisticamente, è veneta. Pasolini, pensando alla realtà dei primi anni settanta, non esitava a chiamarlo paese, e per quanto il suo soggiorno nei primi anni della sua vita sia stato fondamentale per l'evoluzione del proprio pensiero ha visto ricambiate con l'oblio e la non considerazione dal paese che lo accolse la sua memoria, memoria che altrove nel mondo è quella di un prottagonista della cultura del novecento.Appare sintomatico pertanto che quando si cerchi di comprendere il perchè di una marginalizzazione di questa realtà urbana che ha superato oggi i ventimila abitanti rispetto alle ben più dinamiche realtà che la circondano, non si possa non pensare che forse gli antagonismi della politica tutto abbiano fatto meno che guidare gli abitanti di Sacile proprio alla presa di coscienza del loro essere cittadini. La passività rispetto a scelte calate dall'alto, la non elaborazione di una cultura dell'impresa e dell'innovazione capace di collegarsi alle correnti moderne che vedono strettamente correlata l'evoluzione della fabbrica con la maturazione civile e sociale di coloro che vi lavorano, hanno fatto si che ci si ritrovi nel momento aurorale di una grave crisi economica senza riflessione sul modello di municipalità che questa crisi, per quanto le attiene, può aiutare a governare.Le discussioni ascoltate in questi primi giorni di campagna elettorale sembrano concentrarsi sul problema degli immigrati o sulla crisi degli esercizi commerciali del centro (a proposito, in quale comune d'Europa si comincia la realizzazione di un centro storico senza la programmazione di aree di parcheggio limitrofe e decontestualizzandolo dalla realtà dei quartieri periferici?)problemi serissimi certamente ma che andrebbero affrontati con approcci meno emotivi e più riflessivi, cercando di conciliare ad esempio nel caso degli immigrati il diritto della persona con i sentimenti identitari dei residenti.Non si fa strada ancora l'idea che un deficit di democrazia (intesa come impegno, partecipazione e responsabilità,non assemblearismo inconcludente e magari pilotato)alla fine si traduce in decadimento delle iniziative economiche e del tenore di vita.Nella sua storia Sacile seppe negoziare con la potenza veneziana una autonomia che salvava gran parte delle istituzioni dell'epoca patriarcale e raccoglieva il meglio del buon governo della Serenissima. Ogni paragone con l'oggi, per quanto improponibile viste le differenze storiche, lascia stupiti rispetto all'incapacità di farsi anticipatori del nuovo anzichè inermi conservatori dell'esistente. Questa lista si rivolge anzitutto ai giovani perchè il futuro è loro e perchè trovino il coraggio non solo di manifestare ma di proporre.Un progetto di costruzione di nuovi spazi sportivi, di aree verdi attrezzate, di mostre culturali d'arte o di architettura , di festival cinematografici deve ormai partire dal basso, usando semmai le liste elettorali come vettori per l'approvazione rapida ed il controllo dei fondi pubblici stanziati.C'è necessità quindi di un associazionismo nuovo che sappia fare proposte supportabili sul piano economico e che vadano nella interpretazione autentica del principio di sussidiaretà per il quale l'iniziativa parte inizilmente dai singoli e dai privati e solo successivamente , ed eventualmente, viene assunta dall'ente pubblico.A tutti i giovani di Sacile, i migliori auguri.
MAURO MANFRINATI
MAURO MANFRINATI
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